Incredibile, eppure Il design giapponese è un argomento poco presente nei manuali e nelle lezioni di disegno industriale.

Ciò nonostante ha esercitato ed esercita tutt’ora grande fascino per la cultura occidentale, diventando una vera e propria fonte di ispirazione.

Il paradigma alla base del design giapponese, però, è differente da quello occidentale.

In occidente, infatti, la base di partenza è sempre un’esperienza etica.

Ci si domanda cioè: ” come posso migliorare questo tale oggetto o questa tale situazione?”
Si approda così solo successivamente, attraverso schizzi, studi ed approfondimenti, alla ricerca estetica.

Nella cultura giapponese, invece, l’estetica (espressa con l’antico termine wa, ovvero armonia) è già compresa nella natura.

In questo modo, rapportandosi in modo corretto e rispettoso con la natura si può ottenere automaticamente una soluzione anche etica.

“La vera bellezza non è costruita, nasce naturalmente. “

Sori Yanagi

Sori Yanagi, che si inserisce perfettamente nella cultura del suo paese e nel rapporto estetica-etica, può essere considerato il pioniere del design industriale nipponico.

Nato a Tokyo nel 1915, crebbe in quella che potremmo definire una casa Art and Craft, che sorgeva di fronte alla sede del Mingei .

Questo movimento dell’ artigianato giapponese e coreano, fondato dal padre Soetsu Yanagi, filosofo e critico, condizionò il suo modo di intendere il progetto, la cui bellezza non era creata artificialmente ma nasceva in modo inconsapevole.

“l’arte manifatturiera della gente comune”

Movimento Mingei


A quell’ epoca il Giappone post bellico era ancora legato alla tradizione artigianale.

Un legame che il designer manterrà durante tutta la sua carriera, producendo e concependo oggetti industriali e di uso quotidiano dal costante sapore artigianale.

Tuttavia, durante gli anni da studente al Dipartimento di pittura ad olio della Fine Art School Tokyo (attuale Università d’ Arte di Tokyo), egli ebbe modo di conoscere le teorie del Bauhaus e di LeCorbusier.

Ma l’incontro vero con L’occidente e con il concetto di design avvenne nel 1940, quando ebbe la possibilità, conseguita la laurea, di assistere Charlotte Perriand e di intraprendere insieme a lei un viaggio lungo tutto lo Stato nipponico.

Questa fu per il giovane Sori l’occasione per apprendere dalla Perriand la metodologia del progettare.

Nel 1952 riceve il primo premio nell’ambito del Primo Concorso di Industrial Design, organizzato da Mainichi Shimbun Company (l’attuale Mainichi Design Award).

Nel 1957, invece, vince la medaglia d’oro concorrendo con il suo Butterfly Stool, attualmente esposto al Moma di New York.

E’ morto a Tokyo nel 2011

Il pensiero del designer

Sori Yanagi ha giocato un ruolo fondamentale per il Design Giapponese moderno, diventando uno dei progettisti di maggiore successo di tutto il Giappone.

Nel suo lavoro di designer industriale egli ha applicato i principi del Mingei promuovendo l’utilità del prodotto e riconciliando l’artigianato e l’industria.

Difatti, ha creato una vastità di oggetti industriali di uso quotidiano, con particolare attenzione alla semplicità e alla praticità, rispettando il principio secondo cui
la bellezza degli oggetti quotidiani nasca naturalmente.

Ho avuto la fortuna di visitare lo studio di Sori Yanagi, un cubo sommerso nella luce del giorno in un edifcio modernista degli anni ’70.

[…] Era evidente che per Yanagi un disegno doveva essere modellato, nel senso originale della parola, prima che potesse essere redatto per la produzione.

Jasper Morrison, Domus, 5 Gennaio 2012


Egli credeva così tanto nell’artigianato che non ha mai elaborato un disegno tecnico o uno schizzo su carta senza prima creare un modello fisico dell’oggetto.

Ha solo scolpito la relazione tra l’estetica e la forma con le sue mani: una relazione armoniosa tra materiale ed uomo.

Gli altri progetti

Yanagi in quanto promotore del design della “quotidianità” desiderava che i suoi oggetti fossero alla portata di tutti ecco perché riteneva che anche il prezzo del prodotto fosse molto importante.

Così, come ho detto in precedenza, è andato a creare una vasta gamma di prodotti tra cui arredi, elementi da cucina in ceramica e metallo, paralumi, giocattoli per bambini, una stazione ferroviaria, chioschi, automobili, motociclette che rispettassero questo assunto: oggetti alla portata di tutti.

La maggior parte dei suoi oggetti sono molto semplici e riflettono il suo pensiero:

la vera bellezza non si costruisce, ma sgorga naturalmente dalla materia.

Ogni creazione di design, infatti, veniva continuamente perfezionata per dar luce alla verità della natura, prima di raggiungere l’eccellenza.

Un po’ come Michelangelo il quale riteneva che le sue sculture fossero già impresse nel blocco di marmo e che a lui toccasse il semplice ruolo di liberarle!

Butterfly Stool

Il progetto di design più iconico di Yanagi è una seduta, ovvero uno sgabello: il Butterfly stool del 1954.

In verità, la sua prima apparizione è stata nel 1956, in occasione di un’ esposizione personale di design.

E‘ stato concepito come un oggetto dalle forme semplici ed organiche e lo stesso nome ne è una conferma.

Probabilmente è stato ispirato dagli elmi delle antiche armature giapponesi o dal Torii: il portale d’ingresso dei Templi Buddisti Shintoisti.


Con questo oggetto Yanagi ha portato a contatto la tradizione giapponese ed i moderni principi del design occidentale.

Infatti combina l’estetica giapponese con la tecnica sviluppata dai designer americani Ray and Charles Eames.

E non è un caso poiché Sori Yanagi durate la sua vita è sicuramente entrato in contatto prima con Ray Eames in Giappone e con Charles Eams poi.

Non è da escludere poi che si sia anche recato nella loro casa in America.

La genesi

Alla base del concept di questo sgabello iconico c’è la meravigliosa e meditativa arte giapponese dell’ origami.

All’inizio, Yanagi ha infatti piegato parecchi fogli di carta modellando varie forme vedendo tra le curvature dolci e fluide due ali di farfalla in procinto di volare.

Così nasce un’icona, così viene alla luce il Butterfly Stool, concepito come un oggetto di massa, e quindi alla portata di tutti.

Non ci è dato sapere se, nel momento di piegare la carta, Yanagi stesse pensando davvero a farfalle in volo oppure ai templi shintoisti.

E’ certo però che a noi è giunto uno sgabello che parla di leggerezza, di tradizioni, di avanguardia e di ricerca.

Magistrale nella sua eleganza.

Ci parla altresì di Giappone e della gentilezza propria del popolo nipponico.

La tecnica

Avuta l’idea, successivamente ha cercato di farne una seduta utilizzando una tecnica che aveva appreso dagli Eames.

Lo sgabello, infatti, è composto da due pezzi identici di compensato perfettamente simmetrici e senza soluzione di continuità, uniti solo da un’ asta di metallo e due viti.

Tuttavia, sebbene in apparenza semplice, lo sgabello Butterfly ha richiesto più di tre anni per essere creato poichè la tecnologia del compensato stampato non era popolare in Giappone nei primi anni ’50.

L’unico capace di utilizzare tale tecnica era Inui Saburo che lavorava in un laboratorio artigianale a Sendai City- Tendo Mokko.

Grazie all’incontro tra Yanagi ed il tecnico Saburo, è nata una collaborazione durata circa tre anni. Un sodalizio che ha reso grande sia il designer sia l’azienda.


Nel 1956, lo sgabello fa il suo ingresso nel mondo del design, e nel 1957, alla XI Triennale di Milano vince la medaglia d’oro.

Pensato per essere usato sul tatami, oggi è molto amato perché si combina bene con tutti gli ambienti.

Sono trascorsi circa settant’anni dalla sua prima apparizione, e nell’evolversi delle cose anche la casa giapponese è molto cambiata.

Tuttavia Butterfly Stool resta un oggetto unico che continuerà a volare nel mondo, tanto in ambienti domestici quanto in molte importanti collezioni come quella del Louvre, del MoMa e del Rubell di Miami.

Il brano musicale

Il Giappone ha una radicata tradizione musicale legata principalmente alla composizione di melodie e canti per spettacoli teatrali Noh o nel Bunraku: gli spettacoli di marionette.

Altresì, la musica folcloristica veniva anche utilizzata per i funerali e specialmente nelle canzoni per bambini.

Dalla seconda metà del 1800, durante la restaurazione Meji, nasce per mano di un burocrate un’unione tra le canzoni tradizionali giapponesi e la musica occidentale, come ballate e marce militari.

A partire dagli anni 50′ si diffonde la musica tipica dell’area latino-americana e ovviamente il rock dei Beatles e dei Rolling Stones.

Questi, insieme alla nascita del karaoke, fanno si che il pop giapponese nasca e continui a vivere ancora oggi.

La mia proposta musicale per questo articolo non tiene tanto conto della sincronia tra lancio del brano e apparizione dello svolazzante sgabello, piuttosto fa riferimento a più fattori.

Il primo, sicuramente di natura temporale, il secondo di natura “sociologica”- vi prego, siate clementi e lasciatemi passare il termine-.

Vi spiego perché:
negli anni in cui Yanagi era intento a maneggiare e progettare the Butterfly Stool, il Giappone, come ho detto sopra, era impegnato in una sorta di occidentalizzazione che, come abbiamo visto, ha interessato tanto la progettazione industriale quanto l’industria musicale.

In questo scenario di emancipazione formale, ma non sostanziale, dalla tradizione si inserisce Kyu Sakamoto che negli anni ’50 era considerato l’idolo dei teenagers, proprio come i Beatles per i coetanei che stavano crescendo ad ovest.

Il brano che ho selezionato è poi entrato a far parte dell’immaginario musicale tradizionale del Sol Levante benchè le sonorità siano ben lontane da quelle prodotte, ad esempio, da uno shamisen.

Ue o Muite Arukō, conosciuto da noi come Sukiyaki perché troppo complicato per noi pronunciarlo correttamente, racconta di quanto lo scrittore del testo Rokusuke Ei si trovò a pensare alla sua frustrazione del tempo, camminando verso casa mentre rientrava da una protesta studentesca contro la presenza militare in Giappone.

Per rendere meno politicizzato il testo, la cui armonia è stata composta da Hachiadi Nakamura,è stato reso generico di proposito facendo riferimento ad un amore sofferto e perduto, il cui protagonista ritorna a casa fischiettando e guardando al cielo affinché le sue lacrime non cadano a terra.

Allora, lo ascoltiamo immaginando, magari, di alzare gli occhi al cielo e vedere mille farfalle volare!

Buon ascolto.